Spettacolo

A 50 anni dalla prima di Fantozzi

Domenicale del Sole 24 ore23 Marzo 2025

Fantozzi è stata ovviamente la maschera comica più importante di fine Novecento, non solo perché era molto divertente – entro i limiti precisi dei primi tre libri e dei primi tre film – ma anche perché diceva qualcosa di molto vero sullo spirito dei tempi. Fantozzi era il mesto frutto del benessere seguìto al miracolo economico di metà secolo: il posto fisso, ma i colleghi molesti; lo stipendio sicuro, ma non commisurato ai desideri che la società dei consumi gli ha messo nella testa; l’appartamento di proprietà, ma grigio, depressivo; la famiglia nucleare, patriarcale, ma con al centro un patriarca debole e screditato; la possibilità – per la prima volta nella storia umana – di andare in vacanza, di informarsi, di acculturarsi: ma poi ognuna di queste imprese mette capo a un’umiliazione o a un fallimento: le vacanze sono un incubo, i giornali e la TV lo «hanno sempre preso per il culo» (parole di Fantozzi, dopo le letture suggeritegli dal compagno Folagra), la cultura gli si presenta con le fattezze respingenti dei film sovietici degli anni Venti.

Fantozzi diceva anche qualcosa di vero circa i rapporti di classe e di potere. Una delle cose più divertenti dei libri e dei film era questa: che Fantozzi non si accontentava di stare ‘tra i suoi’, non viveva soltanto in mezzo agli impiegati del suo ufficio, ma interagiva con i dirigenti sia all’interno della Megaditta (onde le scene di umiliazione nell’ufficio sontuoso dell’Ing. Lup. Mann. o in sala mensa) sia, soprattutto, fuori, nella vita di ogni giorno, perché l’Ing. Lup. Mann. s’intrudeva nel tempo libero, nella privata esistenza dei suoi sottoposti («inferiori») imponendo loro le sue folli manie: il torneo di biliardo, la gara di ciclismo, l’uscita in barca, il cinema d’essai, il casino di Montecarlo. La violenza di classe o, ad essere gentili, il paternalismo non staccavano alle cinque del pomeriggio, o nel mese di agosto: continuavano a tormentare le loro vittime – come direbbe un Calboni odierno – «acca ventiquattro», facendo della ditta (ma ditta di che? Che cosa produce, fa, vende Fantozzi? Boh!) la più subdola delle Istituzioni Totali. Tra le tante, questa è stata forse la più intelligente delle invenzioni di Villaggio.

Non è stata l’ultima maschera comica, ne sono venute altre, alcune memorabili: i personaggi di Verdone, poi quelli di Albanese, di Teocoli, di Aldo Giovanni e Giacomo, di Fabio De Luigi; e il personaggio-Abatantuono. Mentre la stand-up comedy italiana non ha mai dato qualcosa di davvero convincente, di davvero paragonabile ai migliori anglo-americani, nell’ultimo mezzo secolo siamo stati dei formidabili creatori di caratteri immaginari, tanto da generare trasmissioni televisive durate decenni che sono state o sono contenitori di caratteri immaginari: Zelig, Colorado, e soprattutto le cose della Gialappa’s. Se si parla di puro divertimento, alcuni di questi caratteri sono persino più riusciti di Fantozzi: fanno più ridere.

Ma nessuno, neanche lo scrittore o sceneggiatore comico più dotato, potrebbe costruire un libro di racconti o un film intero, men che meno una serie di film, sul Furio di Verdone o su Alex Drastico di Albanese o sulla Sabry di Luciana Littizzetto: sono troppo unidimensionali. Uomo d’acqua dolce di Albanese dopo una decina di minuti stancava. Fantozzi era invece abbastanza ‘scritto’ da avere più dimensioni, da contenere più anime: era l’impiegato servile capace però di occasionali eroiche ribellioni (il sasso contro la vetrata del Megadirettore Galattico), il marito prepotente ma anche devoto (la storia di Pina e del fornaio), l’uomo medio sensuale amante del quieto vivere (la partita in TV, la Peroni gelata) ma anche lo sperimentatore, l’avventuriero quasi (molte delle disgrazie di Fantozzi nascono proprio dal fatto che non sa starsene tranquillo in una stanza a guardare la TV: crociere, viaggi su aeroplani scassati, partite di calcio senza allenamento, tennis, sci alpino…).

Comico non era tanto il personaggio, il modo in cui parlava o gestiva; comiche erano le situazioni in cui si trovava calato, che per la sua inadeguatezza diventavano subito situazioni, appunto, fantozziane: Fantozzi sul campo da tennis, Fantozzi in crociera, Fantozzi alla gara ciclistica, Fantozzi a Capri con l’amante… Comicità di carattere, ma soprattutto comicità di situazione: merito di Villaggio scrittore o degli sceneggiatori Salce, Benvenuti e De Bernardi, che non si citano e ringraziano mai abbastanza? Merito di tutti quelli che negli anni Settanta hanno lavorato alla confezione del prodotto: una fusione così perfetta non si è mai più data.

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