Esce per DeAgostini Garzanti Scuola una nuova antologia per il biennio delle superiori, Lettere al futuro, curata da Claudio Giunta, Nora Calzolaio e Bianca Barattelli. Un volume è dedicato alla narrativa, uno alla poesia e al teatro, uno alla letteratura delle origini, uno alla scrittura, uno al mito e all’epica. Questa è la premessa.
Una delle più belle poesie di Emily Dickinson (1830-1886) comincia così:
Questa è la mia lettera al mondo
che a me non scrisse mai.
La Dickinson passò quasi tutta la sua vita in un piccolo villaggio del nord-est degli Stati Uniti, Amherst. Non pubblicò quasi niente, nessuno la conosceva al di fuori della cerchia dei familiari, le sue poesie vennero pubblicate dopo la sua morte; oggi è una delle scrittrici americane più note e amate. La sua «lettera al mondo» è arrivata a destinazione.
Siamo abituati a pensare all’arte come a un modo per entrare in contatto con i nostri antenati: andiamo a cercarli nelle biblioteche, nei musei, nei film che hanno girato; leggiamo i loro libri, guardiamo i loro quadri, ci divertiamo a vedere in che modo hanno interpretato storie e personaggi immaginari. Il futuro (noi che viviamo oggi) interroga il passato (gli scrittori come la Dickinson).
Ma vale anche e soprattutto il contrario. Vale a dire che c’è in ognuno di noi il desiderio di durare, di lasciare una traccia, di trasmettere qualcosa (parole, concetti, immagini, suoni) a coloro che verranno dopo di noi, anche se non li conosciamo, anzi soprattutto se non li conosciamo: non vogliamo sparire. Ebbene, l’arte è l’unico modo che gli esseri umani hanno per stabilire una relazione con gli esseri umani che abiteranno la Terra dopo di loro. Le poesie, i racconti, i romanzi, ogni parola, insomma, che è stata scritta nel passato è, a suo modo, una lettera al futuro, un tentativo di mettersi in comunicazione con – per citare lo splendido verso di Dante – «coloro / che questo tempo chiameranno antico».
Ma il titolo Lettere al futuro ha anche un altro significato.
Nel corso del Novecento è successo qualcosa di straordinario. Le parole hanno cominciato ad essere usate non solo per comporre poesie e racconti ma anche, in associazione con le immagini e/o la musica, per scrivere sceneggiature, per fissare la trama dei fumetti, dei graphic novel, dei videogiochi, per creare canzoni. Scrivere e leggere sono attività più che mai vitali. Ma non sono più attività che si possano isolare da un ambiente – come si dice – multimediale. Chi è nato dopo il 2000 è ormai abituato a leggere e insieme a guardare delle fotografie e dei video e insieme ad ascoltare della musica.
Perché allora continuare a studiare la letteratura in questo contesto così diverso rispetto a quello a cui eravamo abituati sino a pochi decenni fa? Principalmente per due ragioni.
La prima è che il nostro immaginario è fatto di cose che vengono dai libri del passato: se abbiamo una fede religiosa, essa proviene da ‘libri sacri’ che sono anche grande letteratura (la Bibbia, il Corano, i Veda); la nostra idea dell’eroismo dipende ancora da quella di Omero; la nostra idea di amore s’ispira ancora per molti aspetti all’idea formulata per la prima volta dai trovatori provenzali; gli eroi e le trame del fantasy (dal Signore degli anelli a Harry Potter) recuperano archetipi letterari. Anche se non le abbiamo lette, le opere letterarie sono parte del nostro universo mentale.
La seconda ragione è che le nuove arti che sono così presenti nelle nostre vite si nutrono delle invenzioni e delle tecniche della letteratura: nelle loro fondamenta ci sono sempre dei testi scritti – le sceneggiature, le parole delle canzoni – che ‘funzionano’ proprio come i testi scritti tradizionali.
Per questo abbiamo dedicato due capitoli della nostra antologia alle nuove arti: uno parla delle canzoni e uno parla degli audiovisivi, cioè dei film e delle serie televisive. È infatti evidente, ormai, che la nostra idea del mondo è modellata non solo dall’opera degli scrittori ma anche da quella di registi, sceneggiatori, attori; se un film è buono, le sue immagini ci fanno capire cose altrettanto significative di quelle che ci fanno capire le pagine di un romanzo. Ecco perché è importante comprendere come funzionano i testi audiovisivi, cioè imparare a guardarli, a leggerli con spirito critico. La civiltà dell’immagine nella quale siamo tutti calati non dev’essere temuta ma compresa. Anche perché dietro, sotto, attorno alle immagini ci sono sempre delle parole.