Libri

Prima di partire per l’Islanda

Io sapevo che la casa editrice Iperborea stava preparando una nuova collana di libri dedicati a paesi stranieri («The Passenger – un libro-magazine per esploratori del mondo»), e che il primo volume sarebbe stato sull’Islanda. Perciò aspettavo che squillasse il telefono, che chiedessero un contributo al Grande Esperto di Islanda che sono (non importa se conosco solo due parole di islandese, takk e síminn, grazie e telefono, non importa se non so quasi niente della storia islandese, della letteratura: la mia competenza me la sono costruita sulla strada, avanti e indietro sulla Route 1 che fa il giro del Paese). Ma non si è fatto vivo nessuno. Così, l’attesa della chiamata è diventata l’attesa della vendetta: del giorno in cui avrei potuto parlare male del libro-magazine di Iperborea sull’Islanda (anche perché qualche altro loro libro recente mi era piaciuto meno dei vecchi: il successo commerciale, come càpita, ha moltiplicato i titoli pubblicati, con conseguente abbassamento del livello medio).

Purtroppo non posso vendicarmi, perché The Passenger Islanda è un bel libro, senz’altro da consigliare ai miliardi di aspiranti viaggiatori di quell’un tempo remoto Paese. Non è una guida turistica, non sostituisce la Lonely Planet o affini, non dice dove mangiare e dormire, ma insegna molte cose interessanti sull’Islanda, in particolare sulla sua storia contemporanea. Per farlo, i redattori di Iperborea hanno selezionato e tradotto reportage già pubblicati o hanno commissionato pezzi nuovi a esperti islandesi e italiani: Leonardo Piccione sul calcio, Silvia Cosimini sulla lingua (e leggerla mi ha fatto ricordare che no, io conosco non due ma tre parole islandesi: la terza, gluggavedhur, è una delle più struggenti che esistano, credo, in tutti i linguaggi umani: ‘clima da finestra’, cioè uno di quei giorni in cui la giornata sembra splendida, ma fuori si gela, perciò è meglio starsene dentro al caldo e guardare il mondo da dietro i vetri: Guido Gozzano sarebbe impazzito). La scelta dei pezzi è felice. Forse le pagine meno riuscite sono proprio quelle dello scrittore più nominato, Hallgrímur Helgason, l’autore del più famoso romanzo islandese degli ultimi decenni, 101 Reykjavík. Nella premessa al volume, Helgason racconta che cos’è diventata la cittadina di Reykjavík (perché Reykjavík è una cittadina, non arriva a 150 mila abitanti) dopo l’incredibile boom turistico degli ultimi anni, con le casette in cemento e lamiera ondulata trasformate in bed&breakfast, e le scritte «Hotel» spuntate come funghi sui tetti di quelle che fino a ieri erano palazzine di uffici. Il racconto è vivido, preciso, ma sembra scritto un po’ di fretta, con troppi aneddoti messi lì a riempire spazio, qualche ripetizione e certe spiritosaggini poco spiritose sui turisti sciroccati, orientali per lo più, che credono che ci sia un tale da qualche parte che «accende» l’aurora boreale.

Le pagine più belle, invece, le più dense di informazioni, sono quelle di Edward Posnett sull’edredone, una specie di anatra panciuta dal piumaggio morbidissimo a cui gli allevatori islandesi dedicano cure paterne, come si farebbe per il cane o il gatto di casa (salvo che l’edredone, anziché far spendere in pappe e vaccini, frutta soldi a palate perché le sue piume si usano per riempire i cuscini e i piumoni dei ricchissimi); quelle di Arthur Guschin sui rapporti tra Islanda e Cina (o meglio sull’OPA che le industrie cinesi hanno lanciato sui fiumi e sul sottosuolo islandesi, gli uni e l’altro fonti infinite di energia); e, le migliori di tutte, esemplari addirittura per chi voglia scrivere un reportage, quelle dello scrittore Andri Snaer Magnason sul sovra-sfruttamento delle risorse naturali islandesi e sull’inquinamento futuro.

Ottima la grafica curata dallo studio milanese TomoTomo; intelligente l’infografica; intelligenti i box redazionali, con statistiche e approfondimenti storici, per esempio sulla cosiddetta Guerra del Merluzzo che negli anni Settanta oppose i pescatori e la Guardia Costiera islandese a un pezzetto della flotta inglese, che voleva confermare i propri diritti di pesca al di là di uno spazio molto stretto di acque territoriali: la spuntarono gli islandesi (decenni più tardi, questo è ancora l’ostacolo principale all’ingresso dell’Islanda nella UE: c’è infatti «il timore che l’adesione all’Unione Europea possa danneggiare la pesca islandese, sottoponendo la pesca a norme comunitarie e rivedendo il confine delle acque territoriali di Reykjavík»). Quanto alle immagini, l’Islanda è terribilmente fotogenica, e ovunque si posi l’obiettivo qualcosa viene fuori. Ma proprio per questo è difficile fare delle foto che non sembrino scontate. Il corredo fotografico di questo volume è opera di Elena Chernyshova, e nel complesso è meno originale rispetto ad altre campagne che si vedono nel suo sito, forse perché davanti all’Islanda, bella com’è, è difficile essere originali: fatto sta che tra ghiacciai, solitudini e luci crepuscolari una foto su tre sembra presa dalla pubblicità delle giacche a vento. Anche in questo caso mi si poteva chiedere.

The Passenger. Islanda, Iperborea edizioni, euro 18.90.

 

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