Università

Sulla nuova biblioteca dell’università di Trento

Corriere del Trentino, 21 ottobre 2014

Spiegàti più volte, i fatti relativi alla nuova biblioteca delle Albere non sono ancora chiari a tutti, specie quanto alla parte che, nella vicenda, ha avuto l’università: lo si deduce anche dall’articolo di Franco Rella uscito venerdì scorso su questo giornale, articolo nel quale si parla tra l’altro di una «inesausta e forse inesauribile volontà di conquista» del territorio da parte dell’università, che «avanza inesorabile come volesse fondare un suo califfato».

Le cose sono un po’ meno truci.

(1) L’università attende da più di dieci anni la costruzione di una nuova biblioteca. Quella progettata dall’architetto Botta, che sarebbe costata 65 milioni, non ha mai ricevuto la licenza edilizia. L’università ha quindi accettato – in spirito di collaborazione, e non certo perché questa sia la soluzione ottimale – un ripiego: ricevere dalla Provincia in comodato gratuito il centro congressi che si sta costruendo alle Albere, e convertire il centro congressi in biblioteca. Il costo del centro congressi è stato di 34 milioni di euro. Il costo della conversione è di circa 10 milioni di euro. Dunque non c’è, da parte dell’università, alcuna volontà di conquista: c’è l’idea che anziché costruire ex novo si usi quello che già c’è, per risparmiare (dovevamo spendere 65 milioni di euro, ne spendiamo 10); c’è l’idea di prendere quello che ci danno, anche se è un po’ lontano dalle nostre sedi, cercando di ricavarne una bella biblioteca: cosa alla quale stiamo lavorando.

(2) Anche a me, come a Rella, pare spesso un po’ vana la ‘fregola da archistar’ che assale ogni tanto committenti privati e pubblici. Solo che l’università non c’entra niente con la commissione all’architetto Piano del centro congressi (o del quartiere delle Albere, o del Muse, ecc.): prendiamo, ripeto, un edificio già in costruzione, che altri ha commissionato. Inoltre, bisogna anche dire che le archistar, al di là dell’etichetta repellente, sono poi soprattutto dei bravi architetti, e che gli edifici che – poniamo – Botta e Piano hanno costruito in Trentino in questi anni sono piuttosto belli (mentre non lo sono altri edifici di non-archistar su cui nessuno sembra abbia voglia di eccepire): forse fare in modo che la città di Trento si apra, a sud, con una biblioteca progettata da Renzo Piano può non essere, tutto sommato, una cattiva idea.

(3) Gli edifici dello spazio-fiere, che verranno riprogettati all’interno dell’università (niente archistar), servono a mettere ciò che nell’area della nuova biblioteca (ex centro congressi) non ci può stare, e cioè aree-studio adeguate, una mensa decente, depositi per i libri: cose che una buona università europea deve avere, e che credo possano giovare molto anche alla vita della città (così come le gioverà la nuova biblioteca: portando nel quartiere delle Albere – per usare le parole di Rella, ma con meno sufficienza, perché mi pare un’ottima cosa – «qualche sussulto di vita» e «qualche recupero economico»).

(4) Mentre afferma la sua «inesausta e forse inesauribile volontà di conquista» estendendosi allo spazio-fiere, l’università lascia vacante l’area di Piazzale Sanseverino (dove doveva sorgere la biblioteca Botta) e l’area della progettata mensa di Via Santa Margherita, che potranno essere utilizzate altrimenti.

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