Adesso che la #bocciatax è legge dello Stato, perché la #bocciatax è una legge dello Stato, benché sospesa fino al luglio 2014, trattiamola come tale e, concretamente, vediamo che cosa succederà nel 2014.
Ipotesi 1, tutto salta; la lobby incrociata di ambasciatori, grillini e blogger prezzolati prevale; non il buon senso, ma il Dipartimento di Stato americano.
Ipotesi 2, la più articolata.
Google Italia inizierà ad operare come concessionaria in Italia, fatturando in Italia, ai sensi della modifica al Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, numero 633, che introduce un articolo 17bis (Acquisto di pubblicità online).
PRIMA MOSSA, la RIDUZIONE DEL PERIMETRO. Ovviamente Google, trattenendo le risate, otterrà facilmente di fatturare in Italia solo la pubblicità vista da utenti italiani o su siti distribuiti da server italiani; questo dopo aver chiarito al legislatore italiano che non gli è permesso normare il mercato mondiale, anche se lo ha scritto, dato che la norma regola “gli spazi pubblicitari on line e i link sponsorizzati che appaiono nelle pagine dei risultati dei motori di ricerca visualizzabili sul territorio italiano durante la visita di un sito internet o la fruizione di un servizio on line attraverso rete fissa o rete e dispositivi mobili”.
Google accederà pubblicamente dal pc di Boccia nella sede romana del PD ai siti http://www.nytimes.com/ http://www.asahi.com/ http://www.faz.net/ e chiarirà così, definitivamente, il concetto: non possiamo imporre al New York Times, all’Asahi Shimbun etc., siti visibili dall’Italia (e persino dal pc di Boccia) di vendere pubblicità attraverso un’azienda italiana.
Google dimostrerà peraltro, collegandosi da Mountain View, che tutti i siti degli editori italiani sono visibili al di fuori del perimetro nazionale, e chiederà pari trattamento: andrà fatturata a parte, con apposita inc., ltd. etc. la pubblicità fruita da utenti americani (e francesi, e tedeschi etc.) “Il principio è sacrosanto, rispettiamolo”, diranno all’unisono i 100 legali della diabolica multinazionale. Probabilmente si tratterà, si definirà un criterio che eviti l’apertura di cento concessionarie all’estero, si limiterà ulteriormente il perimetro del fatturato italiano di Google e si procederà.
SECONDA MOSSA, IL RULING Google, il giorno dopo l’attivazione della concessionaria italiana, si autodefinirà “impresa con attività internazionale” e chiederà all’Agenzia delle Entrate di avere accesso alla procedura di ruling internazionale, ovvero di stabilire in contradditorio con la medesima Agenzia delle Entrate quale debba essere il suo imponibile fiscale in Italia (la legge 326 del 24/11/2003).
Questo perché l’Agenzia delle Entrate sarà costretta a definire il valore “normale” degli spazi e dei link pubblicitari venduti da Google, ovvero il loro valore sul mercato italiano; Google inviterà quindi l’Agenzia delle Entrate ad acquisire i bilanci di tutte le concessionarie italiane che operano sul mercato online (e che perdono, ovviamente per colpa di Google), e a valutare, serenamente, quale sia il reddito generato dalla parte online. Ovviamente Google esporrà una documentazione dettagliata sulle sue operations italiane, e rappresenterà con alcuni semplici grafici un rapporto sfavorevole tra pagine erogate (le views, che non generano ricavi per Google) ed i click, raccontando come la contabilizzazione separata delle attività italiane abbia prodotto grandi diseconomie nella gestione centralizzata di banda e analytics.
TERZA MOSSA, I COMPETITOR (AGGIORNAMENTO DEL 15 GENNAIO 2014: qui immaginavo la reazione di Google di fronte alla presenza di competitor italiani sovvenzionati, seppur in forma indiretta, dallo Stato che promuove la webtax; competitor che mi hanno scritto per contestarmi tutto; io resto della mia idea, ma non avendo tempo di andare in fondo alla polemica, e non essendo così presuntuoso da ritenermi infallibile, mi sono autocensurato. Potete telefonarmi per sapere che cosa penso).
QUARTA MOSSA, la CATTIVERIA Infine, Google potrebbe decidere di aiutare il Sistema Italia, con un dumping violento sui prezzi: lanciare pacchetti mirati a nuovi editori digital first, con l’obiettivo di erodere pagine agli editori tradizionali. Mettere a disposizione strumenti per rendere disponibili, a blogger, social media manager, startup, contenuti “certificati”, per evitare le trappole Agcom e far crescere la Rete; anzi, mettendo a disposizione di Agcom appositi spider che verificheranno il corretto utilizzo dei video sui “colpi di tacco in brasile” o le “incredibili carambole in Arabia Saudita” che tanto traffico sembrano portare a importanti testate nostrane.
Ipotesi 3. The Devil Goes Away Google cessa le sue attività italiane, chi vorrà comprare da Google dovrà aprire una società a Londra; con Google: è il programma “Save The Ultimate People in Italian Digital” (S.T.U.P.I.D.). Google parteciperà delle startup londinesi create con imprenditori italiani, conferendo gli asset e le competenze minime per fugare ogni sospetto di esterovestizione. Ovviamente il programma sarà rivolto solo ai buyer di un certo livello, ai piccoli verranno lasciate strategie di basso profilo (usare un consulente londinese, che fattura generici servizi e poi opera per tuo conto sul back-office di adwords).
(Fuori sacco, ma devo anche scrivere dell’ipotesi 4) L’ipotesi 4 è che in questo Paese vadano al potere dei giovani competenti, e non dei demagoghi incapaci di studiare e capire; che si inizi a spuntare l’elenco delle cose da fare, per recuperare denaro senza tartassare i lavoratori; che ci si illuda di poter arrivare a discutere con Google senza gonfiare l’autarchico petto, ma dimostrando che un Paese come il nostro potrebbe diventare meno marginale anche per Mountain View, condividendo nuove regole e nuovi obiettivi.
Google deve trovare conveniente pagare le tasse in Italia, anche più che altrove; non è facile, devono innamorarsi del nostro Paese (che è quello che trattiene molti di noi).
L’Italia non può vincere la generica battaglia “globale” del digitale, non può competere con il sistema finanziario della Silicon Valley tout court. Quello che possiamo fare è innovare anche quel sistema, portare dentro la tecnocrazia un po’ di genio e di umanità, scrivere delle regole nuove, immaginare il futuro. Non lo faranno i sostenitori di una #webtax, o quelli che pensano che si possa continuare a governare il Paese con i Milleproroghe, ovvero la sublimazione della peggiore arte dell’improvvisare.
Neppure possiamo continuare a scrivere per vanità, e non muoverci. Questo deve essere il 2014, l’anno in cui le cose cambiano. Se le giriamo solo di verso, non basta.