[Corriere del Trentino, 11 ottobre 2013]
Qualche settimana fa Romano Prodi ha usato un’immagine piuttosto efficace durante una conferenza sulla pubblica amministrazione. «Un tempo alle fontanelle si leggeva un cartello con scritto ‘Acqua potabile’ oppure ‘Acqua non potabile’. Ora c’è scritto ‘Acqua non sottoposta a controllo’: questo è il simbolo di una struttura collettiva che non ha più il coraggio di dire nemmeno se l’acqua è bevibile». Fuor di metafora, questo significa che qualcuno (e cioè le famose Istituzioni) a un certo punto deve prendere una decisione, e dire ai cittadini se possono o non possono bere l’acqua; o – per dire del tema che ci sta giustamente a cuore in queste settimane – se la biblioteca dell’università dobbiamo costruirla qui oppure lì. E così le istituzioni trentine (provincia, comune, università) hanno fatto. Il dibattito che è seguito a questa decisione non è solo opportuno: è un segno del fatto che in giro ci sono persone che pensano, e lettori interessati a questi pensieri. Molto bene, dunque.
Ora, i pareri che ho letto sono tutti molto ragionevoli. Mi pare però che non si sia dato il giusto rilievo ad alcune circostanze di fatto che mi sembrano invece importanti. In sintesi.
L’edificio progettato dall’architetto Botta doveva sorgere su un terreno acquistato a questo scopo dall’università nell’anno 2002. Undici anni dopo, quel progetto non ha ancora ottenuto la licenza edilizia da parte del comune di Trento, né sembra probabile che possa ottenerla nel breve o medio periodo. Di chi è la responsabilità di questo ritardo? In questi casi è ovvio che non c’è un solo responsabile. Ce ne sono molti (il progettista? I sindaci? I rettori che si sono succeduti? La retorica della «cattedrale laica», che è bella in astratto ma non fa adeguatamente i conti con la realtà?), o più probabilmente non ce n’è nessuno: semplicemente, non tutti i progetti vanno a buon fine, per buone o cattive ragioni (e s’intende che la crisi economica post-2008 è la principale di queste ragioni).
Il risultato, comunque, è che la progettata e mai autorizzata biblioteca universitaria, dichiarata urgente quando avevo 31 anni e cominciavo a insegnare a Trento, non solo non c’è ancora adesso che ne ho 42, ma difficilmente ci sarà quando ne avrò 50 (so che non dovrei, ma tendo a misurare la desiderabilità degli eventi sul metro della mia biografia: vorrei poter entrare nella nuova biblioteca da solo, senza badante).
Problema dei costi. Costruire una biblioteca ex novo (qualsiasi biblioteca, non solo quella progettata da Botta) costerebbe moltissimo, diciamo sicuramente più di 50 milioni di euro: una cifra che forse (forse) si poteva spendere nel 2002, ma che oggi, in tutt’altra congiuntura economica, difficilmente si potrebbe/vorrebbe spendere, salvo azzerare le risorse per ogni altro progetto legato all’istruzione. L’alternativa è quella di usare un edificio già esistente. Ora, nella zona sud del quartiere delle Albere è in costruzione un palazzo dei congressi che potrebbe essere convertito nella nuova biblioteca universitaria con una spesa contenuta e in tempi piuttosto rapidi (un paio d’anni, si dice). La conversione è tecnicamente possibile e il risultato – sulla carte e nel modello – sembra decisamente bello e decisamente funzionale. L’edificio appartiene alla provincia, che lo darebbe all’università in comodato gratuito. Il che vuol dire che l’università non compra niente, né dalla provincia né dai privati, semplicemente si accolla le spese di allestimento e manutenzione.
Esistono altri edifici che potrebbero essere adibiti a biblioteca universitaria? Si è parlato del Palazzo delle poste, del Molino Vittoria, forse di altri che non ricordo. Sono ipotesi che si possono sondare. Si tratta tuttavia di edifici esistenti, già molto caratterizzati dal punto di vista architettonico, vincolati, per i quali è difficile immaginare margini di adattamento ‘felice’ a biblioteca. In ogni caso è chiaro che intervenire su di essi vorrebbe dire avviare un nuovo procedimento di progettazione-permesso edilizio-gara per l’affidamento dei lavori-esecuzione-ecc., (acquisto, nel caso delle Poste) che ci riporterebbe in una logica di attesa di molti anni (cinque, sei, sette?).
Problema della distanza. La biblioteca sarebbe troppo lontana dal centro città, costringendo studenti e docenti a lunghi defatiganti spostamenti? Certo, starebbe fuori del quadrilatero Sociologia Lettere Giurisprudenza Molino Vittoria, che è davvero molto comodo. Ma chi ha studiato in un’altra università italiana, o all’estero, sa che distanze simili si percorrono quotidianamente senza troppi problemi, e che la distanza si dimentica facilmente se il percorso non è troppo disagevole e se il luogo che si è raggiunto è bello, confortevole e funziona bene. Su questo, secondo me, bisognerebbe concentrarsi: sul percorso centrocittà-biblioteca e sull’oggetto-biblioteca, che non nasce come biblioteca ma come centro congressi, e quindi dev’essere ben ricalibrato. Sono problemi, ma potrebbero anche diventare – come spesso i problemi, se affrontati con intelligenza – delle ottime opportunità non solo per l’università ma anche per la città di Trento.