Spettacolo

Valeria Flamini su “Succession” (prima parte)

Le parole e le cose23 Gennaio 2024

1.

Succession: dove avevo già letto la storia di quattro fratelli, di un’eredità e di un padre bastardo? Nei Fratelli Karamazov. In una recente intervista rilasciata al Guardian Jesse Armstrong, creatore e principale sceneggiatore di una della serie televisive più premiate degli ultimi anni, parla dell’importanza della vittoria di Trump nella scrittura di Succession. E conclude: «Mi chiedo ancora se Succession sarebbe arrivato allo stesso modo senza la folle corsa di notizie e sensazioni che la caotica presidenza di Trump ha fornito. Trump non è stato il bombardamento di civili tedeschi, e Successionnon è Mattatoio n.5, ma a volte penso a Vonnegut che dice che nessuno al mondo ha tratto profitto dal bombardamento di Dresda, tranne lui». Ma in Mattatoio n.5 (il cui sottotitolo è La crociata dei bambini), Vonnegut scrive anche: «Un giorno Rosewater disse a Billy una cosa interessante su un libro che non era di fantascienza. Disse che tutto quello che c’era da sapere sulla vita si poteva trovare nei Fratelli Karamazovdi Fëdor Dostoevskij. “Ma non basta più” disse Rosewater». Vonnegut e Armstrong traggono vantaggio dalla storia, e forse se ne vergognano, ma non possono fare a meno di raccontarla. Per scrivere sotto le bombe bisogna nascondersi o, nel caso peggiore, scendere a patti con chi le lancia. Ciò che conta è la realtà, ma a volte per poterla raccontare bisogna trasfigurarla – Armstrong aveva scritto un biopic su Murdoch mai realizzato e anni dopo ha scelto di mettere in scena attraverso la fiction una famiglia molto simile.

In questa intervista, come in Succession, Armstrong rende visibili solo alcuni modelli, in particolare il Re Lear di Shakespeare e Citizen Kane di Orson Welles. Ma allora perché sottovalutiamo che questi modelli, gli unici dei quali si è parlato finora, forse tra i più autorevoli e riconoscibili del cinema e della letteratura, apertamente nominati ed esibiti, sono continuamente parodiati e infine negati dal protagonista, il tycoon Logan Roy, che invece dovrebbe incarnarli? Perché Logan è Lear, è Kane, ma è soprattutto Fëdor Karamazov, uomo spregevole che non si illude mai, a differenza di Lear e di Kane, di essere ciò che non è. Logan lascia agli altri personaggi questa illusione, soprattutto ai suoi figli, e per questo in fondo li disprezza. Tuttavia, nessuno, neanche il suo creatore, pronuncia il nome di Dostoevskij per l’intera durata della serie. Come direbbe Ivan Karamazov, per amare un uomo occorre che questi si celi alla nostra vista.

2.

La tagline di Succession parla chiaro: “Prendi ciò che è tuo”. Come Fëdor e a differenza di Lear e Kane, Logan non ha ereditato il suo impero, lo ha costruito da sé (come Fëdor anche attraverso il matrimonio con una donna ricca) e sembra non amare i figli, ai quali non ha nessuna intenzione di cedere il comando. Come I Fratelli Karamazov, Succession è diviso in quattro parti, mentre il Lear è in cinque atti. Lear ha tre eredi, Logan e Fëdor hanno quattro figli. Nel Lear il padre muore nelle scene finali, mentre in Succession, come nel capolavoro di Dostoevskij, muore più o meno a tre quarti dell’opera e la storia continua dopo la sua scomparsa. In Succession non c’è l’omicidio del padre, ma c’è un figlio, Kendall, che fin dall’inizio è il principale antagonista di Logan – come Dimitrij lo è di Fëdor – che più di tutti gli altri aspira all’eredità che crede gli sia dovuta, che pur provandoci non riesce a sostituirsi (e quindi a “uccidere”) il padre e che alla fine viene punito, condannato dai fratelli, per un delitto che non ha commesso.

Ovviamente, Succession non è una riscrittura dei Fratelli Karamazov, come non lo è di Re Lear. Né la storia né il sistema dei personaggi coincidono totalmente con quelli di Dostoevskij. Tuttavia, i personaggi sembrano svolgere funzioni analoghe a quelli dei Karamazov per poi intrecciarsi lungo tutto l’arco della serie con altre figure dei romanzi di Dostoevskij e con la vita dello scrittore russo (e non solo). I Fratelli Karamazov sembrano però il punto di partenza. Logan, come abbiamo visto, è Fëdor. Kendall, il figlio che all’inizio della storia è certo di essere di diritto il successore del padre e più di tutti gli si oppone, è Dimitrij. Non solo perché accusato di volerlo “uccidere”: è dissoluto, arrogante ed è il primo motore della tragedia. Queste analogie sono interessanti proprio perché imperfette. Dimitrij è il primo figlio di Fëdor, avuto con una donna di una famiglia nobile e agiata che lo aveva sposato per affermare la sua indipendenza e andare contro le convenzioni prima di accorgersi quanto spregevole fosse il marito e abbandonare il figlio pur di sfuggirgli. Kendall, invece, non è il primo figlio di Logan. Insieme al fratello Roman e alla sorella Siobhan è il primogenito del secondo matrimonio. Eppure, la madre, Caroline – aristocratica inglese cui Logan deve la sua fortuna – è il corrispettivo della prima moglie di Fëdor.

La sorella minore, Siobhan detta Shiv, è Ivan, a partire dal nome: Siobhan è un nome irlandese che deriva dal latino Iohanna, come Ivan dal greco Iohannes. Se Dimitrij ha ereditato la sensualità di Fëdor, Ivan gli assomiglia per l’acutezza dell’intelletto. Siobhan, come Ivan, convinta della propria superiorità morale e intellettuale, è il personaggio che si avvicinerà di più al male in questo mondo senza Dio. Ivan, come si sa, è l’ultimo in ordine cronologico dei grandi nichilisti dostoevskijani che a partire dall’uomo del sottosuolo si incarnano in Raskòl’nikov (fino alla redenzione), in Svidrigàjlov, Kirìllov, Šigalëv, e nel più oscuro personaggio di Dostoevskij: Stavrògin, antesignano di Ivan. Nei Karamazov, Ivan è spinto dal desiderio di uccidere il padre per riceverne la cospicua eredità e sbarazzarsi di Dimitrij; e lasciando la città autorizza Smerdjàkov, sedotto dalle idee nichiliste del fratellastro, a mettere in pratica il suo diabolico piano. Shiv è uno dei personaggi più amati della serie. Come quasi tutte le donne di Succession è libera, intelligente e spregiudicata, ma fatica ad affermarsi in un mondo di uomini. Eppure, non è la Cordelia di Re Lear: Siobhan desidera il potere come e più di tutti ed è lei che, come Ivan, avrà un ruolo fondamentale nello scioglimento della tragedia. E inoltre è ancora lei a compiere l’atto forse più deplorevole per il nostro senso comune: convincere una donna, vittima e testimone degli scandali sessuali e dei crimini della compagnia di famiglia, a non testimoniare al processo.

Le analogie con gli altri fratelli sono meno nette, ma non meno importanti perché arricchite dalle caratteristiche di altri personaggi dostoevskijani. Roman può essere accostato a Smerdjakov. È spregevole, cinico, perverso, sessualmente ambiguo e allo stesso tempo servile, quasi totalmente ma tragicamente sottomesso al padre; è un inetto che si crede Stavrògin e che forse è l’uomo del sottosuolo, anche se il sottosuolo di Succession è il luogo esclusivo e nascosto dove si festeggia un addio al celibato e dove Roman crede di fottere tutti e viene fottuto. Ed è un personaggio totalmente amorale e contraddittorio: rimprovera i fratelli di averlo seviziato da bambino ma è lui, con le sue azioni, a introdurre fin dalla prima puntata uno dei temi principali della serie: l’umiliazione e la sofferenza degli umili e dei bambini. Sembra soffrire più di tutti gli altri per la morte del padre, ma è lui che dopo la scomparsa di Logan immagina di tradurre dalla teoria alla pratica la più celebre sentenza di Dostoevskij, quando quasi alla fine della storia dice a Kendall: «Nothing matters, Ken. Nothing fucking matters. Dad’s dead, and the country’s just a big pussy waiting to get fucked». Una versione moderna di Se Dio è morto, tutto è permesso. Connor, il fratello maggiore, figlio della prima moglie di Logan, ha molte delle caratteristiche di Alëša, il più piccolo dei Karamazov. Si è ritirato in una sorta di monastero che è in realtà un ranch che ha chiamato Austerlitz – come Raskòl’nikov è appassionato di Napoleone e come lui si salverà attraverso l’amore di una ex prostituta. Si dice disinteressato alle dispute economiche familiari e ospita nella sua tenuta un ritiro pacificatore di tutta la famiglia con uno psicologo, una scena che sembrerebbe una parodia della visita allo stàrets nei Karamazov dove Dimitrijj, come Kendall, arriva in ritardo. Ma la terapia fallisce perché nessuno è disposto ad ammettere le proprie colpe e tantomeno a perdonare quelle degli altri. E in questo stesso episodio troviamo anche un altro importante modello che si incrocia con quello dostojevskiano. Lo psicologo cita infatti superficialmente, all’inizio della terapia familiare, i primi versi di una famosa poesia di Philip Larkin: «They fuck you up, your mum and dad. / They may not mean to, but they do. / They fill you with the faults they had / And add some extra, just for you». Lo psicologo si spacca però i denti tuffandosi di testa in una piscina di cui non conosce la profondità. E nessuno può capire che in questa poesia è svelato il finale della prima stagione, dove il padre e la madre che si odiano si alleano contro i figli.

3.

In Dostoevskij e il parricidio, come tutti sanno, Freud sostiene che Dostoevskij «non si liberò mai dal peso di coscienza originato dall’intenzione parricida» e ritiene probabile che l’epilessia dell’autore fosse solo un sintomo della sua nevrosi. Non sono in grado di discutere Freud, ma benché abbia certamente avuto un rapporto ambivalente col padre, Dostoevskij ha comunque dato il proprio nome al padre dei Karamazov. Potrà sembrare ingenuo, ma leggendo le lettere si viene investiti soprattutto dall’amore per la famiglia e dalla sua fede incrollabile. E anche per questo ho sempre creduto che il vero fulcro dei Fratelli Karamazov fosse la sofferenza dei bambini. Perché, come afferma Dostoevskij in una lettera in cui discute il personaggio di Ivan, questi «si serve di un argomento secondo me incontrovertibile, e cioè l’assurdità della sofferenza dei bambini, e ne deduce l’assurdità di tutta la realtà storica». E anche perché il romanzo si conclude con la scena del discorso di Alëša ai bambini. Troveremo anche lui alla fine di Succession.

Nell’episodio della terapia familiare c’è inoltre un dettaglio apparentemente insignificante che, come tanti altri all’interno della serie, nasconde un indizio. La terapia ha luogo in una cappella che Connor afferma risalire al 1878. Potrebbe essere una coincidenza, ma tra tutte le date possibili Armstrong ha scelto l’anno della morte dell’ultimo figlio di Dostoevskij, Aleksej, a causa di un attacco di quell’epilessia alla quale il padre non si perdonerà mai di averlo condannato. A questo punto spero invece non sembri una coincidenza che Logan, responsabile di tutto il male messo in scena in Succession, un uomo che non mostra mai alcuna compassione, neanche per i figli e per i nipoti, si attribuisca una sola colpa di cui forse non è responsabile, di cui nessuno sospetta l’esistenza, tenuta nascosta fino alla fine. Una colpa rivelata solo nel giorno del suo funerale dal fratello Ewan, l’unico che lo conosce fino in fondo e che non lo tradisce mai, ma anche il solo che ha il coraggio di condannarlo pubblicamente: il timore di aver trasmesso alla sorella Rose la polio che l’ha uccisa quando era bambina. Ed è nel 1878 che Dostoevskij inizia la stesura dei Fratelli Karamazov.

Succession, come i Karamazov, come la vita di Dostoevskij, non è solo una storia di padri e di figli: è una storia di fratelli. Armstrong ha dichiarato che la famiglia Roy è fittizia e che «ci sono un sacco di storie di successione da cui trarre ispirazione». La storia dei Karamazov è una di queste. Ma non basta ancora.

 

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