Nelle biblioteche e negli archivi italiani è successa una cosa importante, forse la più importante di cui io sia stato testimone nel mio quarto di secolo di studio e insegnamento. Fino a ieri, se entravate in una biblioteca o in un archivio e avevate bisogno di fare delle fotografie di libri, riviste o manoscritti, dovevate compilare un modulo, aspettare ore o giorni, pagare anche piuttosto salate queste riproduzioni (in certe biblioteche la tariffa arrivava a 2 euro a scatto). Da quando ci sono gli smartphone e gli ipad qualcuno fotografava di straforo, nascondendosi negli angoli, nei vani delle porte, persino nei bagni. Tutto abbastanza umiliante. Fino a ieri. Dal 29 agosto, le foto si possono fare autonomamente e gratis, dichiarando preventivamente che si rispetteranno le norme del diritto d’autore (per evitare che ci si metta a fotografare per intero un romanzo ancora in commercio). E si potranno anche condividere queste foto in rete, purché non lo si faccia a fini di lucro. È una splendida notizia, soprattutto per chi lavora sui manoscritti, e soprattutto per chi vive lontano dalle grandi biblioteche di studio, e non può andarci con la frequenza che vorrebbe. Il merito di tutto questo è del Movimento «Fotografie libere per i Beni Culturali», che da qualche anno lavora in vista di questa liberalizzazione, sensibilizzando gli studiosi, raccogliendo firme, facendosi sentire; ed è anche degli esperti del Mibact, che hanno dato retta, intelligentemente, alle buone ragioni del Movimento. In biblioteca, in questi giorni, l’entusiasmo per la novità, per la comodità, era venato da un filo d’angoscia: se uno può fotografare i libri e portarseli a casa, alla fine le biblioteche non resteranno deserte? Domanda legittima. Ma la buona risposta non consiste nell’ostacolare l’uso della tecnologia (anche perché è inutile: in rete si trova ormai buona parte dei testi di cui uno studioso ha bisogno) bensì nel ripensare il ruolo e la forma delle biblioteche, il modo in cui ci si vive. Se il Movimento che ha vinto la battaglia per la libertà delle riproduzioni è in cerca di una nuova causa, questa è senz’altro quella buona.