Dispiace constatare che anche Luciano Canfora non ha le idee molto chiare su cosa sia il Liceo Classico, visto quanto ha scritto sul Corriere della Sera il 29 gennaio, commentando le materie uscite quest’anno per l’Esame di Stato.
In primo luogo, Canfora esprime apprezzamento sulla ‘prevedibilità’ della materia scritta dell’indirizzo classico, visto che ormai greco e latino si alternano di anno in anno regolarmente: “Ciò non costituisce un fatto negativo, perché probabilmente aiuta gli allievi a prepararsi per tempo”. Inguaribile ottimista, Canfora: non sa, infatti, che così sin dal primo anno molti alunni del Liceo Classico saranno tentati di trascurare bellamente la materia di indirizzo, greco o latino, ben calcolando quale delle due sarà scelta per la prova scritta. E anche a non voler essere così pessimisti, l’ultimo anno verrà trascorso da buona parte degli studenti (mi auguro non dalla maggioranza degli insegnanti) pensando solo alla materia d’esame; dunque o non si studierà più il greco, o non si studierà più il latino. Ma allora, queste due discipline, un valore formativo su un percorso quinquennale ce l’hanno, o no?
In secondo luogo Canfora si rassegna all’ineluttabile copiatura, date le nuove tecnologie, smartphone e internet: e qui è invece un tragico pessimista. Perché gli smartphone gli studenti devono, secondo le regole, consegnarli ai commissari d’esame, pena l’annullamento della prova e dunque la bocciatura. Quanto a internet, è chiaro che le traduzioni sono reperibili rapidissimamente, ma, per una questione di decoro, di educazione all’onestà, di cui non solo il professore di liceo deve farsi carico, tutto il mondo esterno alla scuola, dalle famiglie ai giornali quotidiani, dovrebbe ritrovare la decenza di non fare a gara a chi pubblica e comunica per primo la soluzione delle prove agli esaminandi. Ecco, il rito dell’Esame di Stato dovrebbe essere proprio risacralizzato, in tutto il Paese. E la copiatura sanzionata come primo, grave atto di disonestà. Non è ineluttabile, copiare. Bisogna insegnare che è immorale, bisogna insegnare a non farlo. Tutti gli adulti devono insegnarlo. Anche Canfora, spero.
Per ovviare all’ineluttabile copiatura, Canfora propone di sottoporre agli allievi del Liceo Classico un brano in ‘latino dei moderni’: l’elenco degli esempi comprende il Papa, il Dante del De Monarchia, Lorenzo Valla, Galileo Galilei, Cartesio, Leibniz, Kant, Giovanni Pascoli, le prefazioni degli umanisti poste in testa alle loro edizioni dei classici, e, dulcis in fundo, le traduzioni della letteratura araba in latino realizzate dagli arabisti dell’Ottocento. A suo parere, la traduzione di questi testi non sarebbe sugli smartphone degli studenti dopo cinque minuti. Cinque minuti magari no. Ma un’ora o due sì, basterebbero a trovare anche quella traduzione e a diffonderla, se supponiamo che ciò si possa e si debba fare. La questione, comunque, è un’altra, ed è seria: l’obiettivo del Liceo Classico non deve essere solo quello di sfornare dei tecnici della traduzione. I contenuti della civiltà classica valgono qualcosa in sé; le lingue in cui sono espressi non sono vuoti contenitori. Gli allievi del Liceo Classico si formano un quadro completo delle civiltà antiche in cinque anni di studio, cinque anni in cui quotidianamente, nelle lingue latina e greca insieme, vengono a conoscere gli avvenimenti storici, il pensiero filosofico, la produzione poetica, le opere d’arte dell’antichità classica. Ed è su questo che si deve misurare, nella prova finale dell’Esame di Stato, la loro preparazione. Il latino di Kant, infatti, contiene il pensiero di Kant (che peraltro scriverà pure in latino, ma pensa in tedesco); e io non posso tradurre Kant se non ho avuto, in misura adeguata, cioè per un periodo prolungato, dimestichezza con Kant che fa filosofia in latino. Se ho tradotto Cicerone e Seneca per anni, allora posso certamente penetrarli linguisticamente e ideologicamente, e potrò dominarli come autori, da giovane intellettualmente maturo.
Quindi, se la prova finale deve essere coerente con il percorso formativo, a questi ragazzi bisogna non solo sottoporre un esercizio di tecnica della traduzione, in cui applicano i protocolli grammaticali senza prestare l’orecchio al contenuto, ma far loro produrre un commento e un’analisi al testo proposto, in cui emerga la loro maggiore o minore crescita intellettuale complessiva. Per di più, non si vede perché non esaminare gli studenti ogni anno sia sul greco, sia sul latino, magari fissando, per alleviare le fatiche di esaminandi e docenti, una rosa di autori, un piccolo canone, insomma, su cui impostare la prova d’esame, così da pianificare e realizzare percorsi didattici in prospettiva. Un ulteriore, indubbio vantaggio sarebbe, con questo tipo di prova, quello di poter proporre agli alunni anche un testo poetico: la tragedia greca meriterebbe, no? Sicuramente in questo modo il latino e il greco verrebbero studiati con maggior serietà e motivazione da un numero elevato di studenti, quotidianamente e per cinque anni, insieme. Anche la valutazione delle competenze trasversali testate con una prova così articolata mi pare più seria che non la conta degli errori di traduzione: per quanto tu abbia copiato la traduzione, se sei ignorante non puoi prendere un buon voto.
Mi chiedo, infine, se Canfora ha già in mente la rosa degli autori ‘non classici’ con cui gli alunni, il prossimo anno, quando per l’Esame di Stato uscirà greco, potrebbero vedersela senza troppi problemi: che so, Niceforo Gregoras, o Gregorio Palamas, o il più antico Giovanni Tzetzes, o Fozio. Gli autori bizantini, quelli li conoscono proprio in pochi, per cui come antidoto alla copiatura non sarebbero niente male.