Cultura e società

Che cos’è un Master?

Tutti ne hanno parlato a proposito del caso Giannino ma nessuno si è interrogato ancora su che cos’è un Master. Cosa significa Master in Inghilterra e nei paesi anglosassoni e cosa si intende invece con Master in Italia? Per quanto riguarda il mondo di lingua inglese il Master non è né più né meno che una ‘laurea di secondo livello’. Master è una traduzione di Magister (in latino come tutti i titoli accademici anglosassoni del resto)[1] e sta per ‘maestro in..’. E’ insomma l’equivalente, anche semantico, dell’italiano ‘laurea magistrale’. Dei vari titoli inglesi è quello che ha avuto negli ultimi anni la storia più complicata, i riverberi della quale si posso veder riflessi anche nell’uso che si fa oggi in Italia del termine stesso.

Andando con ordine, e limitando l’analisi alle materie umanistiche, vale la pena far presente che, a lungo, quello di Master è stato considerato in Gran Bretagna come il titolo ‘definitivo’, per molti versi equivalente a ciò che era la laurea italiana prima della riforma del 3 più 2. Il dottorato, il Ph.D. (Philosophiae Doctor) – o più spesso il D.Litt., o Doctor Litterarum – era appannaggio di pochi (è stato per molto tempo un titolo prettamente germanico) e sono molti ancora oggi i professori presso Atenei inglesi che sono giunti alla docenza senza aver mai conseguito il dottorato. La sostanziale obbligatorietà di quest’ultimo è una delle, tante, influenze d’oltre oceano, e delle ‘scienze dure’ su quelle ‘molli’, che hanno mutato in profondità il sistema universitario inglese durante il lungo Novecento. Al contrario era, ed è, la toga (col cappuccio e d’origine monastica) che si riceve in quanto Magister a essere portata, non solo a lezione, come segno distintivo del proprio grado accademico tanto dai fellows di Oxbridge quanto dai vari insegnanti delle public e grammar schools, ancora oggi il vero asse portante del sistema scolastico inglese, e tra i difensori più gelosi delle sue tradizioni. Il valore e il significato del Master sono stati però in gran parte mutati, ed erosi, negli ultimi anni.

Il Master è diventato sempre più un gradino intermedio preparatorio al dottorato, attualmente imprescindibile per chi voglia tentare la carriera universitaria (la maggior parte degli studenti si ferma comunque alla laurea di primo livello, il Bachelor o Baccalaureus, che ha la stessa etimologia della nostra ‘laurea’, derivando il proprio nome dalla corona di lauro con cui si cingeva il capo dei diplomati). Negli Stati Uniti l’aspetto di una sua sostanziale propedeuticità è sancito dal fatto che il titolo di Master viene assegnato di norma come parte del cursus che porta al Ph.D. e sono molto poche le università che offrono la possibilità di frequentare un Master in quanto tale.[2]

In Inghilterra la svolta più significativa si è avuta pochi anni fa quando si è scelto di privilegiare rispetto all’allora più comune M.Phil. (Magister Philosophiae) i vari M.A., M.L., M.Sc. (Magister Artium, Legum, Scientiarum) etc, che rispetto al primo si configurano per essere taught degrees e per non avere al proprio centro la scrittura di una tesi di ricerca da difendere. L’aspetto più significativo del cambiamento è l’aver ridotto la durata abituale degli studi di post-graduate da due anni ad uno. La decisione era motivata anche, se non forse soprattutto, da ragioni economiche e ha duplicato il numero di posti disponibili e quindi di ‘diplomati’. Come risultato pratico di questa riforma de facto è divenuto molto più abituale frequentare un Master e il mondo universitario anglosassone è riuscito in uno dei propri intenti principali (l’altro era aumentare il numero dei possessori di un diploma di post-graduate tra gli studenti inglesi)[3] e cioè attirare un numero sempre crescente di stranieri, specialmente extra-europei (i quali pagano tasse universitarie più elevate rispetto ai cittadini britannici e ai comunitari), ma non solo, tutti ugualmente allettati dalla prospettiva di ottenere un titolo di studio superiore, propedeutico al dottorato, in un tempo molto breve, oltre che certo.

Sino agli anni più recenti la stragrande maggioranza degli studenti italiani che frequentavano un Master in Inghilterra erano studenti già laureati in Italia dove avevano ottenuto una laurea quadriennale o magistrale. Proprio per questo il Master è stato spesso visto – ora le cose stanno lentamente cambiando; il numero di studenti italiani che ottengono in Inghilterra anche il B.A. è infatti aumentato in modo significativo – come un’ulteriore specializzazione e non come un’alternativa alla laurea di secondo livello da ottenersi in Italia. Proprio qui nasce gran parte dell’equivoco di cosa sia un Master per moltissimi italiani. Non tanto per chi ha studiato all’estero ma per tutti coloro che hanno orecchiato qualcun altro parlare di un Master. Il punto nevralgico del problema è che il titolo di studio, per la sua durata e per il modo in cui è strutturato (un anno e un anno solo, corsi in piccoli gruppi, senza esami orali, un uso massiccio di presentations e di compiti a casa, etc) non è sovrapponibile, e quindi identificabile, con una laurea italiana propriamente detta.

Poiché poi il Master inglese non è riconosciuto automaticamente in Italia, e non permette quindi di fregiarsi dell’agognato titolo di Dottore, nella coscienza collettiva deve essere qualcos’altro e lo si tende a relegare a un diploma che si ottiene con la mera frequentazione, a una specializzazione, o anche solo a un semplice ‘corso’ di perfezionamento. Diviene, di fatto, qualsiasi cosa svolta in un’aula universitaria e che non comporti esami orali, tesi e la possibilità di andare fuori corso (questo, in sostanza, è quello che gli italiani continuano a credere costituire la ‘laurea’). Il caso non mi pare paragonabile con quello di Giannino ma quale sintomo di questa vulgata attualmente vigente in Italia credo che possono essere lette le affermazioni di Daniela Santanchè circa il suo ‘Master’ in Bocconi.[4] Quello che colpisce sia di Giannino che della diversissima Santanchè è che entrambi hanno mostrato una grande leggerezza nel parlare di un Master. Quanto lo hanno fatto in effettiva cattiva fede e quanto invece sono una riprova lampante della poca chiarezza che esiste in Italia circa cosa sia effettivamente un Master?

I mondi accademici non sono tra loro equivalenti. E’ questa semplice considerazione che sta alla base degli accordi di Bologna che puntano a una maggiore integrazione, e a una dolorosa uniformisation, dei vari sistemi universitari europei. Il percorso però è ancora in fieri, come sa bene chi abbia ottenuto un titolo di studio estero e provi a farselo riconoscere in Italia. A differenza delle triennali e dei dottorati, pur molto diversi da paese a paese, sono proprio le lauree di secondo livello ad essere oggi la parte meno simile dell’intero sistema. Non solo esistono paesi (Italia e Germania in primis, ma si pensi anche alla Scandinavia) dove un numero cospicuo di laureati ancora in circolazione porta un titolo ‘di secondo livello’ ma avendo frequentato un programma a ciclo unico (con il problema ulteriore per cui, almeno in Italia, dato che il titolo di Dottore si ottiene dopo la triennale, non si capisce esattamente a cosa sia equivalente la laurea di vecchio ordinamento), ma la decisione inglese di abolire, nei fatti, lo M.Phil.[5] proprio mentre il processo di Bologna istituiva le lauree magistrali di due anni ha aggiunto un’ulteriore incongruenza che rende l’equipollenza facilmente contestabile. Per quanto riguarda il caso italiano poi, a rendere le cose ancora più complicate, e poco chiare, ci si sono messe varie università, per lo più private, che hanno istituito diversi, spesso costosissimi, corsi di specializzazione, chiamati appunto Master.[6] Questa scelta non solo aiuta la confusione ma avalla anche l’idea attualmente diffusa in Italia che ritiene che un Master propriamente detto non equivalga a una laurea.

Oggi come oggi qualunque studente, o studioso, italiano che abbia frequentato il sistema a due cicli e che prepari un curriculum da presentare in un paese anglosassone definisce la propria laurea triennale ‘B.A.’ e la specialistica ‘M.A.’. Questo fatto è indicativo di una equipollenza che è oramai nota, e pacifica. Bisognerebbe interrogarsi se non potrebbe essere il caso di adottare tali titoli anche a livello ufficiale. A chi scrive la soluzione non piacerebbe (sembrerebbe un modo di abdicare a una storia per molti versi gloriosa), purtuttavia la comprenderebbe. In alternativa gioverebbe, e molto, se da oggi in avanti, iniziassimo tutti a chiamare un Master of Arts ottenuto presso un ateneo anglosassone ‘laurea magistrale’. Perderebbe di esotico e di misterioso ma servirebbe anche a conferire il giusto valore a un titolo che, altrimenti, si presta ad essere confuso e che finisce per voler dire davvero tutto e niente. Ovviamente non potrebbe certo nuocere se poi quei corsi presso gli atenei italiani che hanno oggi il titolo di Master ricevessero una diversa denominazione.


[1] Il caso più lampante è quello del Ph.D. che sta per Philosophiae Doctor e non per Doctor of Philosophy.  Proprio la volontà di sottolineare che questi siano in latino motiva la scelta di alcune università americane – la più famosa delle quali è sicuramente Harvard – di indicare i propri titoli accademici come A.B. (Artium Baccalaureus) e A.M. (Artium Magister) invece che con le sigle più comuni di B.A. e M.A., con un’inversione altrimenti impossibile in inglese.

[2] E’ quello americano un sistema universitario molto diverso da quello inglese, un aspetto, quest’ultimo, spesso non tenuto sufficientemente in considerazione quando si compara il modello italiano con quello anglosassone tout court. In gran parte strutturato, per quanto riguarda il college, sul modello ideale dell’università medievale e del Quadrivium, il sistema universitario americano deriva il proprio Ph.D. dal Doktorat tedesco. Per i primi dottorati americani e per il rapporto con la Germania si veda R. P. Rosenberg, ‘Eugene Schuyler’s Doctor of Philosophy Degree: A Theory Concerning the Dissertation’, The Journal of Higher Education, 33 (1962), pp. 381–386. Il modello medievale delle artes liberales è ovviamente alla base dei titoli anglosassoni di Baccalaureus Artium (o, in inglese, Bachelor of Arts) e di Magister Artium (o Master of Arts).

[3] La recente volontà di aumentare il numero dei post-graduate students è parte dell’onda lunga di quel movimento d’opinione che ha auspicato un allargamento massiccio dei laureati inglesi e che trae origine dal celeberrimo Robbins Report del 1961-1963. Il documento ambiva a ‘democratizzare’ il più possibile l’università inglese, considerata troppo elitaria, senza però sconvolgerne il modello, e portò alla fondazioni di moltissimi nuovi atenei e all’elevazione di diverse scuole politecniche ad università (con risultati spesso disastrosi). Nessun governo inglese, e tanto meno quelli laburisti, ha mai avuto il coraggio però di affrontare il vero nodo alla base della natura elitaria del sistema scolastico britannico e cioè quello del rapporto tra le scuole statali e le public e grammar schools private.

[4] Cfr. http://www.oggi.it/focus/attualita/2011/03/22/lo-scoop-di-oggi-daniela-santanch-e-il-suo-falso-master-alla-bocconi-tutti-gli-aggiornamenti/ e http://www.ilgiornale.it/news/santanch-ha-fatto-master-bocconi-stronca-falso-scoop.html .

[5] Sebbene alcune università britanniche continuino ad offrire la possibilità di frequentare un M.Phil., quest’ultimo è oggi divenuto, per lo più, un titolo intermedio che ottengono i dottorandi al secondo anno di studio e che marca ‘l’avanzata elaborazione della tesi’. Indicativamente il titolo così ottenuto non viene mai riportato nei curricula degli studiosi inglesi. Anche in questo caso l’influenza del modello americano è evidente. Si veda ad esempio: http://gsas.columbia.edu/content/requirements-mphil-degree . Al punto di renderlo concorrenziale con gli altri corsi, oggi diversi programmi che vanno sotto il nome di M.Phil. sono della durata di un anno. Per maggiori informazioni su alcuni degli ultimi M.Phil. ‘autonomi’ ancora offerti da università inglesi si veda per esempio il caso  di Cambridge: http://www.admin.cam.ac.uk/students/gradadmissions/prospec/studying/qualifdir/glossary.html#rmphil . Ad Oxford sopravvive invece la  tradizione dei due anni. Si veda http://www.ox.ac.uk/admissions/postgraduate_courses/course_guide/about_our_programmes.html .

[6] Per due esempi su tutti si possono citare la Bocconi, lo IULM e la LUISS:  http://www.unibocconi.it/wps/wcm/connect/Bocconi/SitoPubblico_IT/Albero+di+navigazione/Home/Scuole+e+Programmi/Scuola+Superiore+Universitaria/Master ; http://www.iulm.it/wps/wcm/connect/iulmit/iulm-it/Studiare-alla-IULM/Masterhttp://www.lbs.luiss.it/offerta-formativa/master/master-specializzazione/ .

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