Il 17 e 18 dicembre si svolgerà la prova di preselezione del concorso per l’immissione in ruolo di nuovi docenti. Dal 23 novembre si conoscono le sedi d’esame e sono state diffuse le batterie di test che saranno effettivamente sottoposte ai candidati. Si tratta di 3500 quesiti suddivisi in 70 batterie di 50 quesiti ciascuna, così ripartiti: 18 di logica, 18 di comprensione del testo, 7 di informatica, 7 di inglese. Ciascun candidato può accedere ad una piattaforma on line sulla quale esercitarsi. I quesiti sono ripartiti nelle batterie in modo diverso per ogni candidato e il loro ordine di presentazione in ciascuna batteria varia ad ogni accesso: l’obiettivo ipotizzabile è far in modo che questa piattaforma resti uno strumento di esercitazione e non un database sulla base del quale creare griglie di correzione da far circolare in Rete o in reti informali. Bene: l’obiettivo è mancato.
Ad appena tre giorni di distanza dalla pubblicazione dei 3500 quesiti, una casa editrice ha già predisposto un e-book con tutte le risposte corrette e commentate. Ovviamente a pagamento. Il prezzo però è contenuto, bisogna dirlo. Si tratta della stessa casa editrice che prima della pubblicazione dei quesiti aveva creato una simulazione ad hoc del test sul proprio sito, all’evidente scopo di creare ansia nei concorrenti e invitarli ad iscriversi al proprio corso di formazione. Ovviamente a pagamento. Che lo scopo fosse questo, lo dimostra un’esperienza personale. Ho iniziato ad esercitarmi sulle batterie fornite dal ministero: i quesiti sono difficili ma non impossibili, mentre quelli della suddetta simulazione erano a prova di Einstein. Si potrebbe anche aggiungere che l’iscrizione al corso a pagamento costava la metà per gli iscritti ad un “sindacato” da anni specializzato nel cercar gabbole in decreti e norme ministeriali, per imbastire ricorsi su ricorsi. Ovviamente a pagamento. Strana coppia.
Ora, dal momento che i quesiti sono già noti, prepararsi alla prova costruendo da sé o in gruppo una lista delle risposte corrette non è un delitto. Ma la domanda nasce spontanea: a che serve la preselezione se premierà chi pagherà per avere l’e-book o chi avrà, fortunato lui o lei, sufficiente tempo per procedere ad un’esercitazione sistematica? Si parte molto male. Sembrerebbe non per colpa del Ministero. Dunque siamo di fronte a una lucida e meravigliosa macchina inceppata soltanto da volontà meschine e venali? Direi proprio di no. Il concorso stesso è nato come un aborto e se assistiamo al triste spettacolo della sua stenta esistenza è per la pervicace e incomprensibile volontà del ministro tecnico. Le deformità che l’affliggono sono infatti parecchie.
Uno. I posti messi a concorso sono 11.542, a fronte di un numero di iscritti pari a 321.210. Metter su un carrozzone del genere costa assai: val la pena spendere quei soldi per così pochi posti? Forse il ministro, che è ingegnere, ha più consuetudine di me con i numeri e saprà ridurre a ragione quello che a me sembra un arcano.
Due. Al probabile scopo di evitare ricorsi, il Decreto ministeriale che indice il concorso prevede come requisito d’accesso il possesso di un “titolo abilitante”. In questi anni le riforme sono state tante e tali che praticamente ognuno ha il suo titolo abilitante personalizzato: c’è chi può insegnare alle elementari con il semplice diploma e chi invece ha bisogno necessariamente della laurea; c’è chi può insegnare in un liceo con una laurea, e chi invece ha dovuto frequentare le Scuole di specializzazione (SIS). Tutto dipende dall’età: i diplomati e laureati entro una certa data posseggono titoli validi; altri, i più giovani, hanno dovuto invece affrontare percorsi più lunghi, secondo una logica di maggiore professionalizzazione. Tutto questo provoca due effetti: il primo è che l’età media dei concorrenti è alta (38,4 anni: che significa che ci sono molti ultraquarantenni e diversi ultracinquantenni); il secondo è che tre quarti di quei concorrenti non è iscritto nelle graduatorie ad esaurimento, dove stazionano i sissini che, in attesa del ruolo per scorrimento, intanto facevano supplenze. Insomma, per dirlo in parole chiare a chi non è del settore: a questo concorso parteciperanno pochissimi giovani e molti che in questi anni non hanno mai insegnato e che potrebbero entrare in classe (e di ruolo) senza aver mai fatto un giorno di supplenza. A onor del vero bisogna dire che esistono anche supplenti “stabili” non iscritti nelle graduatorie ad esaurimento, ma i parametri di questa legge sono tali che anche il laureato in lettere o architettura negli anni Novanta, che in questi ultimi dieci quindici anni ha fatto l’impiegato o l’architetto (probabilmente precario), potrà a questo punto far valere il suo vecchio titolo di studio in giacenza. Sempre a onor del vero si dovrebbe anche dire che qualcuno di questi sarà un bravissimo insegnante, ma il problema strutturale di questo nuovo reclutamento resta. E con questo vengo alla magagna successiva.
Tre. Le supplenze, in questi ultimi anni, sono state prerogativa principalmente degli iscritti in graduatoria ad esaurimento, in cui si entrava dopo aver superato un test d’accesso alle Sis a numero chiuso, aver studiato e fatto tirocini nelle scuole per due anni, aver concluso il percorso con una tesi. Le Sis erano state il tentativo di creare un percorso professionalizzante per gli insegnanti ed erano nate proprio perché lo strumento del concorso era ritenuto inadatto a selezionare il personale della scuola. Cosa si fa di quell’esperienza? La si butta a mare e si imbastisce un pachiderma di concorso per selezionare altri insegnanti quando se ne hanno di già pronti, abili al lavoro e mediamente più giovani di molti iscritti a quest’ultima fatica ministeriale. I sissini sono diventati di colpo personale da mettere in concorrenza con altro, assai meno formato, per logiche che di logico non hanno nulla.
Quattro. Faccio l’insegnante di lettere. In questa prova di preselezione dovrò dimostrare di possedere capacità logiche, di conoscere l’inglese e l’informatica. Passi. Ci sto. Però, da insegnante di lettere, avrei qualcosa da ridire sui quesiti di “comprensione del testo”, che consistono sostanzialmente nell’individuazione di sinonimi e contrari in serie di vocaboli, in sillogismi, in labirinti di doppie e triple negazioni. Scopro insomma che per il Ministero capire un testo equivale solo a fare deduzioni logiche. Davvero troppo poco; senza considerare che in questo modo si sposta ulteriormente la selezione sul versante dell’intelligenza logico-matematica, che è importante ma non è l’unica. Soprattutto, per quanto mi riguarda, non è l’unica che un insegnante di letteratura dovrebbe possedere.
Cinque. Un’ultima chicca. A fronte del resto si tratta di una sciocchezza, ma è la famosa ciliegina sulla torta. Risiedo in Piemonte, ma tenterò il concorso in Toscana. Tuttavia la prova preselettiva, a differenza delle successive, si svolgerà al computer. Mi dicevo: almeno quella potrò farla dalla mia città. Troppa grazia: dovrò prendere un treno e pagarmi un pernottamento a Firenze, per andare a collegarmi ad un computer toscano. Non era proprio possibile rispettare almeno per la prima prova il principio della residenza?